
Libere e svolazzanti considerazioni su 44 gatti!
di Ieris Astolfi e Federica Malagoli
Naturalmente la canzone è carina, deliziosa e fa parte della colonna sonora della propria infanzia; qui non si vuole sminuire e fare un processo al testo. Assolutamente. Il testo però può servire come metafora utile quando si vuole dire qualcosa d’altro, piuttosto che usare un linguaggio diretto. L’uso delle metafore, delle fiabe, dei racconti, delle filastrocche resta un valido aiuto, addirittura in psicoterapia, quando si vuole favorire il ragionamento e la riflessione su di un dato argomento. Le interpretazioni su “44 gatti” sarebbero infinite se si volesse trovare per forza un significato, ma questa canzone va presa per quello che è, cioè un ottimo stimolatore di fantasia, immaginazione e gioco a secondo dell’età e del vissuto di chi l’ascolta.
Testo canzone
(sono evidenziati i punti chiave)
44 gatti
(G. Casarini – Edizioni Millen, 1968, Modena)
Nella cantina di un palazzone
tutti i gattini senza padrone
organizzarono una riunione
per precisare la situazione.
Quarantaquattro gatti,
in fila per sei col resto di due,
si unirono compatti,
in fila per sei col resto di due,
coi baffi allineati,
in fila per sei col resto di due,
le code attorcigliate,
in fila per sei col resto di due.
Sei per sette quarantadue,
più due quarantaquattro!
Loro chiedevano a tutti i bambini,
che sono amici di tutti i gattini,
un pasto al giorno e all’occasione,
poter dormire sulle poltrone!
Quarantaquattro gatti,
in fila per sei col resto di due,
si unirono compatti,
in fila per sei col resto di due,
coi baffi allineati,
in fila per sei col resto di due,
le code attorcigliate,
in fila per sei col resto di due.
Sei per sette quarantadue,
più due quarantaquattro!
Naturalmente tutti i bambini
tutte le code potevan tirare
ogni momento e a loro piacere,
con tutti quanti giocherellare.
Quarantaquattro gatti,
in fila per sei col resto di due,
si unirono compatti,
in fila per sei col resto di due,
coi baffi allineati,
in fila per sei col resto di due,
le code attorcigliate,
in fila per sei col resto di due.
Sei per sette quarantadue,
più due quarantaquattro!
Quando alla fine della riunione
fu definita la situazione
andò in giardino tutto il plotone
di quei gattini senza padrone.
Quarantaquattro gatti,
in fila per sei col resto di due,
marciarono compatti,
in fila per sei col resto di due,
coi baffi allineati,
in fila per sei col resto di due,
le code attorcigliate,
in fila per sei col resto di due,
col resto di due.
Diversamente baffuti
In una società multiforme e multiculturale dove il singolo è spersonalizzato (anonimo palazzone), fatica a trovare espressione ogni cultura minore, intracultura e sottocultura (cantina), questo succede perché “fa da padrone” il dogma dell’omologazione, del giovanilismo, del produrre e dell’avere a scapito dell’essere, della differenza e riconoscimento della ricchezza e unicità del singolo. Quel gruppo di gatti rappresenta una minoranza. Perché minoranza? Minoranza rispetto alla maggioranza omologante, che con ogni probabilità vive nei piani alti del palazzo. Questi gatti, inoltre, sono senza padrone il ché suggerisce l’idea del non classificabile, non previsto, non incasellato, fuori norma secondo i parametri proprio di una socio-cultura produttivistica. I gatti cercano allora di fare massa, di fare gruppo e di unirsi, (organizzarono una riunione) allo scopo di richiedere pari opportunità, riconoscimento, visibilità. Cercano così di interpellare chi può capirli (chiedevano a tutti i bambini che sono amici di tutti i gattini). Molto spesso, però, anche chi è discriminato tende, volontariamente o involontariamente, ad essere esso stesso vittima del processo culturale discriminante e a discriminare a sua volta (44 gatti in fila per sei col resto di due). Perché cosa fanno? Decidono di presentarsi in un “organigramma” tale che non tiene conto di due gattini, i quali sono relegati alla fine: perché non dividere in fila per 2 o in fila per 4?. Non sono compatti e le file svelano e rivelano una discriminazione all’interno del gruppo stesso. I 44 gatti sono considerati inferiori dalla cultura dominante, ma restano vittime essi stessi del dogma virale omologante, riducendo due gattini al ruolo secondario se non marginale (più due; il resto di) di scarto. Quei due gatti, chiamati e classificati come “il resto di”, perché non sono completamente aggregati dal loro gruppo? La domanda pone tanti e ulteriori interrogativi sulla natura di quei due gattini isolati: Sono vecchi? Sono malati? Sono disabili? Sono gay? Sono trans? Sono femmine? Sono di altre razze? Sono castrati? Sono di altra religione? Sono folli? Sono atei? Sono anarchici? Non hanno le code attorcigliate e i baffi non ben allineati? Non aspirano al “modello aristogatto” di Disney? Si tratta forse di due gatti con gli stivali? Non fanno bella figura? Come è possibile allora richiedere “fuori casa” rispetto e uguaglianza quando in “casa propria” accade tutto il contrario? Inoltre il riconoscimento di tutti i gatti non può passare come un atto di baratto, accettando di diventare “merce di scambio”, peluche ad uso e consumo del piacere dei bambini (tutte le code potevan tirare, ogni momento e a loro piacere, con tutti quanti giocherellare). I bambini devono essere educati a conoscere e riconoscere il rispetto per gli animali, i quali non sono dei giocattoli “usa e getta” o oggetti inanimati. Il tutto poi per un pasto al giorno, quando questo potrebbe essere procurato dai gatti stessi o in altro modo. Sicuramente non attraverso un baratto impari. Ma alla fine si evince che probabilmente non ottengono ascolto; forse, prima di marciare a reclamare i lori diritti, avrebbero dovuto riascoltare loro stessi, guardarsi, specchiarsi, rileggersi e così facendo superare gli stereotipi, i pregiudizi e le discriminazioni; solo allora, ottenuto ciò, possono diventare credibili agli altri, forti e maturi, per marciare compatti (marciarono compatti). Purtroppo la faccenda non termina qua perché, di certo, se il gruppo non ha elaborato correttamente l’insuccesso, tutto si riverserà sui capri espiatori di questa mancata parata e marcia: cioè i due gatti “resto di”, colpiti da un plotone “di esecuzione” pronto a proiettare su di loro, i più deboli, gli irrisolti (e inaccettabili alla coscienza) conflitti del gruppo stesso (andò il giardino tutto il plotone). Il resto di due è ripetuto, alla fine della canzone, come a voler sottolinearne la loro colpa. I due gattini “diversamente baffuti” sono vittime di un mancato processo di integrazione e di inclusione. “Diversamente baffuti” sì ma, ancor prima e sopra ogni altra cosa, “Abilmente gatti”!