
Sottovuoto spinto. Teoria del giudizio pre-confezionato
di Ieris Astolfi
Tutto nasce dall’osservazione e dall’ascolto di coloro che nella vita quotidiana pensano e pronunciano frasi d’intolleranza e ignoranza; parole che feriscono il buon senso, anziché curarlo, fino ad alimentare la fleboclisi con il razzismo.
In sostanza, vorrei porre l’attenzione su tutti quei casi nei quali i pregiudizi e i preconcetti influenzano e minano, alla stregua dei virus letali, il pensiero di ciascuno di noi. Liberarsi in assoluto dagli stereotipi, probabilmente, non è possibile. Tuttavia, sapere che tante falsità infarciscono, sia pure involontariamente, il nostro penare è già un passo avanti nella ricerca di un vaccino antivirale.
Esser coscienti della virulenta proliferazione di luoghi comuni frutto, da una parte, dell’irrazionale e, dall’altra, la tentazione errata di trovare fuori dal Sé una ragione alla diversità, è quantomeno segnale di intelligenza.
L’intolleranza è un rifugio per i presuntuosi, mentre la discriminazione che ne consegue è un rifugio per chi non vuole conoscere e confrontarsi con il prossimo. Anche la parola tolleranza è di per sé sbagliata poiché già nel fatto che si tolleri qualcosa è implicita la colpa, la condanna, l’inferiorità dell’essere diverso rispetto alla Norma (nel nome della quale si tollera). Chi tollera si comporta come colui che commette il peccato e poi cerca di venire assolto; in fondo, la coscienza è pulita da una ipocrisia intrisa di buonismo. Piuttosto di tolleranza sarebbe più opportuno parlare di rispetto reciproco; rispetto che si può raggiungere solo percorrendo l’autostrada della ricerca: nel sapere, nel capire e nel conoscere.
I pregiudizi servono soprattutto per rassicurare l’esistenza e la coscienza: l’Altro resta fuori e lontano dal Sé, a sacra distanza (bugie che semplificano la vita!).
La teoria del giudizio pre-confezionato
Di ciascuna persona adulta si considerino le seguenti tre componenti: le convinzioni (idee e pensieri), le esteriorizzazioni (l’aspetto esteriore) e le azioni. La teoria consiste nella seguente asserzione (che è poi la scoperta dell’acqua calda, ma anche le scoperte più elementari ogni tanto rispolverate; fosse almeno per non dimentica e lavare via lo sporco delle convinzioni):
se una persona comune osserva -e, attenzione, siamo tutti dei potenziali osservatori- di un’altra una sola delle sue elencate componenti, è automaticamente tentato (per la ragione di tenere l’Altro a debita distanza) a definire, a priori, a scatola chiusa senza il benché minimo dubbio (le bugie che rassicurano), le due componenti mancanti; qui nasce il pregiudizio, il luogo comune, il preconcetto, annientando la pluralità dell’essere umano e semplificando la vita in soli buoni e cattivi.
Spinti dal sistema di catalogazione sociale (il bailamme di certa psicologia insegna!) si tenta di far rientrare tutto nelle categorie preconfezionare con la conseguenza di svuotare l’unicità e la singolarità di ciascuno di noi; omologandoci e obliterandoci in tante scatolette sottovuoto spinte (spinte dai pregiudizi),
Un esempio della teoria
Se una persona si presenta esteriormente in modo singolare (esteriorizzazione), appena un comune osservatore la guarda scatta la molla e corre a ipotizzarne le azioni e le convinzioni: nasce così il pregiudizio, lo stereotipo, il luogo comune. I preconcetti prolificano soprattutto nella sfera sessuale: è questo il campo nel quale si libera tutta la pruderie perbenista.
Morale della teoria
Invece di accanirci nella ricerca di ciò che, rassicurando, ci separa e rende diversi nell’unicità, sarebbe più utile trovar, o meglio, ritrovare, ciò che ci unisce.
“…io non so dove, non so come e non so quando, ma so soltanto che ancora fa rumore il cuore dell’umanità.”
Io non so dove, 1992 (Berlincioni-Bellena), Anna Oxa